La «mediterraneità», che costituisce il filo rosso di questo libro, è considerata una condizione spaziale dell’architettura contemporanea, caratterizzata da una dimensione di «opacità» che discende, direttamente o indirettamente, dagli ambienti urbani e dalle architetture vernacolari dell’area mediterranea. La tesi proposta è che molte strategie operative della progettazione architettonica contemporanea abbiano origine dall'adozione, da parte di alcuni maestri del Movimento Moderno, dei processi di costruzione tipici dell’ambiente tradizionale mediterraneo. Esemplificativo è il lavoro di Le Corbusier che, sin dal giovanile Viaggio in Oriente, s’innamorò del paesaggio di quest’area proponendo una modernità ispirata alla sua architettura, sia a quella alta del classicismo che a quella bassa e ambigua dei contesi popolari. Un altro esempio è la figura di Bernard Rudofsky che introdusse ed esaltò l’edilizia vernacolare mediterranea come modello possibile di un’architettura astorica, basata sulle esigenze degli abitanti. La spazialità mediterranea è stata riproposta sia come ripresa della tradizione classicista di contro ad alcuni aspetti della modernità, sia come rifiuto di tale tradizione in nome dei movimenti d’avanguardia degli inizi del Novecento, diventando in ogni caso una delle più importanti fonti d’ispirazione del Movimento Moderno e di tutta l’architettura contemporanea. La spazialità labirintica «opaca» mediterranea attualmente è presente nelle produzioni architettoniche di qualsiasi forma e livello, tanto nelle aree periferiche degradate, abusive e illegali delle metropoli del «mediterraneo allargato», quanto nelle aree centrali urbane. Questo perché tale spazialità rivendica una rivincita sulla tecnica e la modernità, restando tuttavia all'interno di quest’ultima.
Opaco mediterraneo. Modernità informale / Lanzetta, Alessandro. - (2016), pp. 1-205.
Opaco mediterraneo. Modernità informale
Alessandro Lanzetta
2016
Abstract
La «mediterraneità», che costituisce il filo rosso di questo libro, è considerata una condizione spaziale dell’architettura contemporanea, caratterizzata da una dimensione di «opacità» che discende, direttamente o indirettamente, dagli ambienti urbani e dalle architetture vernacolari dell’area mediterranea. La tesi proposta è che molte strategie operative della progettazione architettonica contemporanea abbiano origine dall'adozione, da parte di alcuni maestri del Movimento Moderno, dei processi di costruzione tipici dell’ambiente tradizionale mediterraneo. Esemplificativo è il lavoro di Le Corbusier che, sin dal giovanile Viaggio in Oriente, s’innamorò del paesaggio di quest’area proponendo una modernità ispirata alla sua architettura, sia a quella alta del classicismo che a quella bassa e ambigua dei contesi popolari. Un altro esempio è la figura di Bernard Rudofsky che introdusse ed esaltò l’edilizia vernacolare mediterranea come modello possibile di un’architettura astorica, basata sulle esigenze degli abitanti. La spazialità mediterranea è stata riproposta sia come ripresa della tradizione classicista di contro ad alcuni aspetti della modernità, sia come rifiuto di tale tradizione in nome dei movimenti d’avanguardia degli inizi del Novecento, diventando in ogni caso una delle più importanti fonti d’ispirazione del Movimento Moderno e di tutta l’architettura contemporanea. La spazialità labirintica «opaca» mediterranea attualmente è presente nelle produzioni architettoniche di qualsiasi forma e livello, tanto nelle aree periferiche degradate, abusive e illegali delle metropoli del «mediterraneo allargato», quanto nelle aree centrali urbane. Questo perché tale spazialità rivendica una rivincita sulla tecnica e la modernità, restando tuttavia all'interno di quest’ultima.File | Dimensione | Formato | |
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